Una ricerca: il fico d’India aiuta a mantenersi giovani
Lo studio condotto dalla facoltà di Farmacia dell’università di Palermo
PALERMO. Il fico d’India elisir di lunga vita? No, ma poco ci manca. Uno studio dell’università di Palermo, infatti, rivela come il frutto abbia delle caratteristiche che aiutano a ritardare l’invecchiamento di uomini e donne. “Da anni portiamo avanti questa ricerca – spiega Maria Antonietta Livrea, professore ordinario di Biochimica alla Facoltà di Farmacia – e passi avanti ne sono stati fatti. Oggi con certezza possiamo affermare che i fichi d’India hanno effetti benefici sui consumatori”. Lo dimostra un esperimento compiuto dai ricercatori del laboratorio di biochimica della facoltà di Farmacia. “Abbiamo fatto seguire una dieta specifica ad un gruppo di persone che, fra le altre cose, mangiavano anche 8 fichi d’india al giorno per 2 settimane”. Facendo un confronto tra prima e dopo il periodo si è notata una diminuzione del cosiddetto stress ossidativo, alla base dell’invecchiamento. In sintesi l’esperimento ha confermato che il consumo di fico d’India aiuta a mantenersi più giovani.
Ma non è tutto. Del frutto, per esempio, si stanno studiando i pigmenti che conferiscono al frutto i suoi colori. “In particolare – aggiunge la professoressa Livrea – abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla indica xantina, che dona al fico d’India il colore giallo, perché si tratta di un pigmento unico, che troviamo solo in questo frutto. E ci siamo resi conto che ha proprietà anti-infiammatorie, dunque, non si esclude che in futuro possa diventare un fitofarmaco, se gli studi verranno ripetuti”. Fonte www.gds.it
Ma non è tutto. Del frutto, per esempio, si stanno studiando i pigmenti che conferiscono al frutto i suoi colori. “In particolare – aggiunge la professoressa Livrea – abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla indica xantina, che dona al fico d’India il colore giallo, perché si tratta di un pigmento unico, che troviamo solo in questo frutto. E ci siamo resi conto che ha proprietà anti-infiammatorie, dunque, non si esclude che in futuro possa diventare un fitofarmaco, se gli studi verranno ripetuti”. Fonte www.gds.it