Sabato 13 giugno 2009 - ore 21,00 Teatro S. Alessandro “Una Passione per Medea”
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“Siamo noi che ci degniamo di scendere fino agli antichi, sono loro che vengono a noi?”: parte da questo assunto un’indagine sulla Medea di Euripide, che un gruppo di studenti sceglie di condurre.
Medea la straniera, donna selvaggia, senza patria; per lei è già scritta la condanna da parte dei Corinzi, i civili concittadini dell’uomo che lei ha amato e seguito, rinunciando a tutto.
Medea donna di contrasti, creatura di terra e mare, di fuoco e di ferro, segno della vitale complessità del mondo, in lei vivono ragione e passione, natura e civiltà.
Medea che si prende cura, passionale, senza misura nella fisicità e intensità dirompente del suo amore per Giasone, essenza stessa della potenza dell’amare.
Un doppio Giasone sulla scena, uomo innamorato nel ricordo, stregato dalla dolcezza, sensibile, in cui però tempo e razionalità hanno scavato una trincea di durezza, di lineare comoda saggezza che separa con sicurezza i buoni dai cattivi.
L’abominevole assassinio dei figli è condannato e compianto dal Coro, attento e partecipe di ogni passaggio drammatico.
Sullo sfondo una città tentacolare, opprimente, dove i ponti di comunicazione sono interrotti e la passione, e la vita stessa, possono solo fuggire via.
Resta alla fine per i posteri un monito a non dimenticare gli orrori incomparabilmente più atroci della storia. Senza risposta.
Medea la straniera, donna selvaggia, senza patria; per lei è già scritta la condanna da parte dei Corinzi, i civili concittadini dell’uomo che lei ha amato e seguito, rinunciando a tutto.
Medea donna di contrasti, creatura di terra e mare, di fuoco e di ferro, segno della vitale complessità del mondo, in lei vivono ragione e passione, natura e civiltà.
Medea che si prende cura, passionale, senza misura nella fisicità e intensità dirompente del suo amore per Giasone, essenza stessa della potenza dell’amare.
Un doppio Giasone sulla scena, uomo innamorato nel ricordo, stregato dalla dolcezza, sensibile, in cui però tempo e razionalità hanno scavato una trincea di durezza, di lineare comoda saggezza che separa con sicurezza i buoni dai cattivi.
L’abominevole assassinio dei figli è condannato e compianto dal Coro, attento e partecipe di ogni passaggio drammatico.
Sullo sfondo una città tentacolare, opprimente, dove i ponti di comunicazione sono interrotti e la passione, e la vita stessa, possono solo fuggire via.
Resta alla fine per i posteri un monito a non dimenticare gli orrori incomparabilmente più atroci della storia. Senza risposta.